Visitare il muro di Berlino mi ha fatto riflettere su una cosa: non sono un tipo da memoriali.
O meglio, dipende.
La memoria è fondamentale, ma adesso, a differenza di qualche anno fa, credo che spesso sia più importante celebrare il presente ed il futuro con la vita stessa.
Vita che celebra la vita: gioia, pace, condivisione…
Eppure sentivo il bisogno di vedere il muro di Berlino con i miei occhi, di toccarlo persino.
Toccarlo e riflettere.
Perché le parole sui libri di scuola non servono a niente se restano solo parole vuote.

Quella del muro di Berlino è stata una delle pagine più tristi della storia dell’umanità, una storia da cui non abbiamo imparato nulla.
In un mondo fatto di muri, morti in mare, “spediamoli a casa loro” e fili spinati, mi chiedo:
se perdiamo l’umanità, cosa ci resta?
Nel corso dei secoli le persone hanno dimostrato di non possedere ciò che le rende tali: l’essere umani.
Non solo nel passato, ma anche nel presente.
Non solo in Siria, ma anche sull’autobus, in fila dal medico o sui social networks.
Lo dimostriamo ogni volta che ci sentiamo in diritto di discriminare qualcuno per il colore della pelle, il credo o l’orientamento sessuale o ascoltiamo qualcuno farlo senza muovere un dito.
L’odio verso il diverso striscia ogni giorno attorno a noi come un serpente velenoso e tutti ne siamo colpevoli.
Tutti noi costruiamo dei muri o ne siamo spettatori inermi.

Il muro di Berlino, dalla notte tra il 12 e il 13 Agosto 1961 al 3 Novembre 1989, non ha separato solo una città, ma famiglie e gruppi di amici.
E ha separato, di fatto, l’intero pianeta.
Un muro realizzato mattone dopo mattone in una sola notte,
un muro che è costruzione e voragine allo stesso tempo.
Uno squarcio su questa nostra terra e sulle anime di tutti coloro che su questa terra hanno transitato.
Berlino non è una città da visitare a cuor leggero.
Non è una città qualunque fatta di panorami mozzafiato e attrazioni turistiche.
È talmente intrisa della sua storia che è impossibile visitarla senza imbattersi nelle testimonianze della storia nazista del paese.
Ma, soprattutto, Berlino è una bellissima fenice che è risorta dalle proprie ceneri.

Parti di muro sono sparse per tutta la città, come a Postdamer Platz e BernauerStr. 111.
I resti più consistenti si trovano nell’Est Side Gallery, la galleria d’arte all’aperto più lunga del mondo (si estende per più di 1 km).
Tra i murales più significativi della Galleria vi sono sicuramente il bacio fra Erich Honecker e Leonid Brežnev, la Trabant che sfonda lo stesso muro e che reca nella targa la data “9/11/89” e l’inno alla gioia: l’opera dell’artista sardo Fulvio Pinna che per primo ebbe l’occasione di dipingere il muro che ha dato vita all’East Side Gallery.
All’interno della propria opera, Pinna ha inserito una meravigliosa poesia:
Ho dipinto il muro della vergogna
affinchè la libertà non sia più vergogna
Questo popolo ha scelto la luce
dopo anni di inferno dantesco
Tieni Berlino
i miei colori
e la mia fede
di uomo libero!

Tanti, troppi, sono ancora i muri da abbattere nel mondo.
Che il muro di Berlino mantenga viva la memoria del passato e i suoi resti siano segno di speranza per tutto il mondo, proprio come ceneri di una bellissima fenice.